20-01-2007
"La Natura, probabilmente!" - Galleria d'arte contemporanea Tina Parotti, Milano
"voler capire è un grande malinteso [...] la gente deve innanzitutto vedere. Nell'arte non vi è assolutamente niente da capire. L'unico segno che si addice all'arte è questo: un punto interrogativo" Joseph Beuys
Gli oggetti, spesso, aiutano ad esprimere quei concetti, quelle idee che le parole e i mezzi tradizionali dell'espressione visiva non sono in grado di restituire. Non tanto perché questi si identifichino con le idee ma perché, a volte, l'oggetto è più inerente all'ispirazione. La maggior parte dei lavori di Ilaria Locati è costituita da assemblaggi di materiali naturali, che sistemati con squisito senso estetico, danno vita a delle originali istallazioni. Fra le operazioni proposte, per esempio, si ricorda l'ingigantimento di forme botaniche elementari, in cui si condensano i valori simbolici dell'energia vitale. In questo modo l'artista crea un repertorio di composizioni con un grande potere evocativo, in cui si possono individuare segnali talvolta semplici ed espliciti, talvolta misteriosi e criptici. Segni e simboli scissi da una loro qualsiasi finalizzazione utilitaristica che non sia quella del loro stesso intimo narrare. Notevole la capacità di Ilaria Locati di osservazione e valorizzazione di materiali apparentemente insignificanti come piume, ferri arrugginiti e contorti, ossa di animali, sabbie, alghe e altri. Alcune composizioni, fatte con questi materiali, vengono inserite in scatole di varie materiali, tra cui il piombo, alcune serrate da legacci, riflettendosi, così, ulteriormente, sull'immaginario non solo artistico ma anche esistenziale. Come si guarda un'opera d'arte? Lasciando che sia l'opera a guardare dentro di noi, percorrendo così tutti i sentieri di un'avventura mentale. È con questo spirito che bisogna accostarsi a questa mostra di Ilaria Locati.
Interessanti ed illuminanti sono alcuni enunciati della stessa artista: "…L'utilizzo di materiali naturali, già di per sé belli in quanto elementi della natura (…), mi permette di suggerire agli occhi di tutti, la grande bellezza e il mistero che sta nella natura" . Ma già nei titoli delle opere c'è, condensato, la chiave di lettura.
Si possono dunque fare delle considerazioni intorno ai singoli lavori per sottolinearne alcuni particolari elementi rivelatori delle intenzioni dell'artista.
Il titolo Il sogno di Dio dato a una serie di sue opere, indirizza alla massima concentrazione spirituale. Rappresentazione di elementi primordiali originari, esageratamente ingranditi (per non essere vittime di voraci predatori?), simboli perfetti di principio generatore, i baccelli, grembi materni, custodi della vita, si sono appena schiusi per lasciare uscire il seme, che la terra accoglierà e farà germogliare per continuare la specie. Va notato come il titolo, sintetizzi enunciato teologico e freudiana tensione psicologica.
I semi della verità, è un titolo metaforico ma nello stesso tempo concettuale, si tratta di istallazione dove ci si può aggirare tra forme di semi quasi ad altezza d'uomo. Ecco una rappresentazione, non del tutto realistica (le dimensioni dei semi sono esasperate), ma veritiera. Si potrebbe definire una messa in scena della natura: rituale laico, che Ilaria ha ideato in modo che si possa interagire e godere l'opera in tutta la sua bellezza e valenza concettuale.
Integrano la mostra tre opere figurative: due pittoriche e una grafica. Lilium perenne è il titolo della prima opera, un titolo che contiene termini prettamente botanico (lilium: pianta monocotiledone con bulbo sotterraneo; si aggiunge perenne se il ciclo vitale della specie è superiore a due anni). Ma in quel "perenne", intendiamo una continuità illimitata nel tempo, il ritmo scandito della ripetizione, ovvero, l'eterno ritorno. Il quadro presenta una fila di gigli di colore scuro capovolti, come appesi ad un ramo, che campeggiano su un fondo rosso vivo (colore vitale), serie che immaginiamo continui oltre gli stretti confini del quadro.
Nel secondo quadro: Vedere i dettagli del mondo1, è come se si vedesse, sotto una lente d'ingrandimento, una fila di baccelli vuoti, residui di quel processo che ha permesso il germogliare della vita, materna consapevolezza: orgoglio della mansione appena adempiuta. I colori sono vivaci: soggetti di un giallo dorato, disegnati con sapienza e precisione, su fondo rosso. Bello il titolo che concettualmente non li considera vuoti a perdere: residui inutili di un processo, scarti, ma dettagli nobili di una funzione vitale.
Vedere i dettagli del mondo 2: in quest'opera su carta, sono presentati ancora baccelli vuoti, variamente posizionati (alcuni sono solo contornati, e sembrano fantasmi che vagano silenziosi), ma il foglio su cui sono disegnati è una lettera, scritta a mano con caratteri in stampatello, dove si può leggere una petizione, o meglio, una preghiera per salvaguardare i valori della natura.
Quella di Ilaria Locati può sembrare un'arte demistificatoria e disperata, la rappresentazione di un mondo in disfatta, come potrebbero far pensare, ad esempio, le sue "scatole", le quali potrebbero sembrare bare, ma che io preferisco immaginare come scrigni. Ma se si osservano attentamente le sue opere, ci si accorge che i materiali non sono ammucchiati a caso bensì sistemati con una immedesimazione rituale, configurandosi come recupero d'identità e monito per l'umanità affinché rispetti la natura. È un mondo che l'artista non riscopre come un paradiso perduto, ma che interiorizza e sente il dovere di comunicare: il suo è un messaggio per il ritorno alle origini, alla manualità, alla semplicità, senza snobismo o supponenza intellettuale. L'esperienza e la creazione artistica sono vissute in lei come coscienza dell'esistere, scandite dall'osservazione della natura così vicina alla sua sensibilità.
Per Ilaria Locati il fatto di presentare l'oggetto invece della sua rappresentazione diventa un linguaggio essenziale, naturalistico e anche spettacolare: la sua è una proposta carica di valori simbolici; che ci riporta alle origini del poiesis, al principio della dimensione comunicativa e del fare arte. Colpisce subito il suo lavoro atipico, la destrezza nell'adoperare materiali inconsueti, la sua capacità di creare opere di carattere fortemente innovativo, partendo da un impulso naturale, elabora e si inoltra in tematiche metaforiche e ambientali, facili da riconoscere e che ci fanno molto meditare. Le sue opere, per la particolarità dei materiali usati e per il metodo di realizzazione, si collocano in quella zona della memoria che registra sentimenti, fantasie e intuizioni, ed è come se precedessero l'organizzazione del segno in immagine, dell'emozione in comunicazione, perciò ne scaturisce un'opera ricca di suggestione; opere cariche di significati, per la concentrazione di disparati "oggetti-citazioni" biologici, per lo sguardo attento e indagatore al mondo materico, per la grande recettività del concetto di natura.
È bene precisare, per concludere, che le opere di Ilaria Locati (siano essi oggetti, materiali, istallazioni, opere pittoriche e grafiche), sono lontani dal ready-made duchampiano, da inclinazioni dadaiste o da implicazioni surrealiste, mentre si possono riferire all'esperienza e al rigore creativo di Joseph Beuys, a quel suo voler riportare l'arte al mito e al significato ultimo delle cose, riconducendo all'unità l'uomo e la natura, dando agli oggetti quel carattere spirituale e quella energia che passa dall'autore al fruitore.
Luigi Giurdanella