11-06-2006
"Ilaria Locati" - Galleria Transvisionismo, Castell'Arquato (Piacenza)
Il contatto diretto con la natura accompagna Ilaria Locati fin dalla prima infanzia quando comincia a soggiornare in alta Val d'Arda nell'Appennino Emiliano, sviluppando un dialogo privilegiato proprio con questa terra attraverso lunghe passeggiate, ricordi e continue scoperte. Una familiarità che è cresciuta nel tempo anche grazie a uno specifico percorso di studi: dopo il diploma in scultura all'Accademia di Belle Arti di Brera, Ilaria Locati asseconda i suoi interessi scientifici e decide di frequentare alcuni corsi presso la facoltà di Scienze Naturali di Milano.
L'ampio respiro di questa formazione si riversa in un approccio estetico appassionato e nobilitante, così raffinato da chiamare in causa le nostre capacità percettive: il fine principale è quello di riposizionare il ruolo del soggetto di fronte allo spettacolo della natura. In un contesto in cui la dimensione ambientale diventa sempre più artificializzata, appiattita da un diffuso processo anestetico di progettazione degli spazi, ogni sua opera testimonia l'urgenza di una riflessione sul presente. La natura viene relegata a mero elemento residuale: è qualcosa di già dato con il quale l'uomo si relaziona in modo superficiale e predatorio, incurante delle gravi conseguenze che inevitabilmente lo coinvolgono in prima persona.
Come suggerisce il titolo – Io Vedo – la mostra intende guidarci verso un'autentica valorizzazione delle nostre facoltà sensoriali, mostrandoci come ormai la natura, nonostante la sua prossimità, ci sfugga completamente nella sostanza. Queste installazioni nascono proprio dall'assemblaggio di materiali naturali raccolti durante i viaggi o più semplicemente durante le passeggiate quotidiane: momenti di stupore e di meditazione che costituiscono il presupposto fondamentale del lavoro di Ilaria Locati. Da essi ha inizio un percorso intenso, tutto fisico, che ci rivela un'artista capace di mettersi in ascolto del mondo circostante; un'artista che sceglie di entrare nell'opera come presenza leggera, discreta, mai soffocante.
Il suo originario gesto di recupero può dunque concretizzarsi mediante le forme dell'arte.
L'espressione s'inscrive all'interno di un tempo vitale, biografico, che tenta di entrare in sintonia con quel tempo cosmico, corale, mai totalmente perduto, dove ogni singolarità vivente non è che una piccola parte profondamente legata al tutto. La base forte di questa relazione è data dalla materia stessa, proprio in quanto mater, ossia energia primaria di creazione e di trasformazione che accomuna tutti gli esseri viventi.
Clara Carpanini